La vittima ha denunciato la ricezione di molte chiamate da parte di sconosciuti con insulti e messaggi a sfondo sessuale, il cui numero telefonico era stato pubblicato su una chat erotica. L’imputata è una donna che aveva cercato di vendicarsi con la sua ex datrice di lavoro pubblicando in una chat pubblica le sue iniziali ed il suo numero di telefono cellulare. I giudici della cassazione l’hanno condannata per falsa attribuzione di contrassegni personali. Lo pseudonimo scelto dalla donna (nickname) era riconducibile ad un soggetto ben preciso, si spiega nella sentenza, e la sua attribuzione a se stesso o ad altri integra il reato di sostituzione di persona (articolo 494 del Codice penale). I giudici hanno stabilito che il reato di sostituzione di persona può consumarsi anche in RETE utilizzando come nickname il nome e cognome di un altro individuo. La violazione, sanzionabile, non si commette quindi soltanto attivando un account di posta elettronica fasullo con il nome e cognome di un terzo, traendo così in inganno altri utenti, ma anche spacciandosi per un’altra persona sui client di messaggistica e sulle chat. Osservano che non può non rilevarsi al riguardo che il reato di sostituzione di persona ricorre non solo quando si sostituisce illegittimamente la propria all’altrui persona, ma anche quando si attribuisce ad altri un falso nome o un falso stato ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, dovendosi intendere per nome non solo il nome di battesimo ma anche tutti i contrassegni di identità.